L'Zerb: Storia e Curiosità di San Giusto
IL GIARDINO DEL CANAVESE

Eppure in quella terra che dalle gole della valle d'Aosta e delle Alpi Graie si stende lungo la Serra verso una linea che da Rondissone conduce alIa valle di Lanzo, vi e attualmente un paese che non teme la serietà del progresso, che non suscita rimpianti per un mondo che fu, ne teme la rottura dell'equilibrio ecologico, perch affacciatosi alIa ribalta della storia nell'evo moderno, diventa ognor più attraente, poetico e tema di descrizioni letterarie. Per esaltarlo, non occorre conferirgli il titolo di città, tanto meno di Atene o Firenze o Sparta del Canavese, perchè, ormai città sa di smog, di congestione, di rumori. Definirlo borgo, suona troppo di "borghese"; cosi villaggio, sebbene Ie sue case siano ville ridenti per una amena villeggiatura agreste, sa di "villano". Chiamiamolo pure paese di campagna, dove si respira un clima prealpino, poichè, paese dice paesaggio, poesia. Purche non si pensi a paesino; San Giusto infatti, per la sua ampiezza e la nuova mentalità aperta portata avanti dal progresso industriale, non e schiavo dell'estensione... D'altronde anche il Canavese e cantata da Salvatar Gotta come "uno dei più bei paesi di questa Italia", essa pure definita "il bel Paese" dal Divino Poeta.
S. Giusto e stato anche celebrato antonomasticamente "il giardino del Canavese". Non si sa a chi attribuire tale appropriata definizione. Aldo Marsengo lo ha definito "una citta-giardino", oggi in cui vanno di moda alIa periferia delle megalopoli Ie "new towns".
L'idea di giardino per la prima volta riferita a S. Giusto e nella descrizione dell a sua primavera di Mons. Luigi Barbero: "I Gerbidi rugiadosi rivestiti di verde carico sembrano enormi tappeti trapuntati di perle iridescenti, i lindi casolari si stagliano nel cielo in magnifico contrasto di luci e di colori. I giardini sono enormi mazzi di fiori d'una vaghezza meravigliosa. Ciliegi. susini, meli, peschi, peri, mandorli intrecciano i loro fiori in una luminosa gamma di colori. L'aria e satura dei più soavi profumi.
Sui rami e tra i campi di fiori Ie dolci melodie degli uccelli canori" . Quindi, come l'Italia e detta il giardino d'Europa, e il Piemonte il giardino d'Italia (Antonio Gallenga di Castellamonte), come il Canavese e "na perla dIe pi fine dla corona del Piemont" (Nino Costa), S. Giusto può poeticamente dirsi la perla o la gemma o il giardino del Canavese, triangolo industriale ancora fiorente in S. Giusto di paesaggio pittoresco, di cordialità, di verdi speranze.
UN PAESE "GIUSTO" OVVERO BENFATTO
Esso si configura con tutti i requisiti occorrenti all'habitat ideale dell'uomo moderno, in linea con Ie più recenti acquisizioni dell'urbanistica. Visitandolo, si rimane meravigliati dell'organicità e dell'armonia delle sue mille case variopinte, bene allineate e recinte da giardino ed orto, dei suoi 33 Km. di vie interne e quasi tutte asfaltate, munite spesso di doppio controviale, incrociantisi ad angolo retto, delle sue ampie piazze monumentali, dei suoi pubblici edifici con tutti gli impianti moderni, della solidarietà nelle idee e nell'azione della sua laboriosa popolazione.
II bello sta qui: che, pur osservando la sua particolare planimetria con una diecina di quartieri detti cantoni posti longitudinalmente e separati da gerbidi e fossatelli lungo la via provinciale XXV luglio , non e stato abbozzato alcun piano regolatore all'inizio, ma solo in questo secolo. Tutto e sorto come una fiaba dalla convergenza di ideali e di vedute particolari per "architettura spontanea, con immediatezza e semplicità non frutto dell'opera di specialisti del settore, ma creazione umile dell'uomo umile, che ha voluto la sua casa costruita a sua misura, per soddisfare Ie sue esigenze".
Entriamo dunque attraverso tali pagine, lungo i secoli della giovane storia di questo originale paese , centro privilegiato di fede, natura, arte, civiltà e ritroveremo l'incanto di una primavera urbanistica per Ie moderne strutture e attrezzature, ritroveremo il tipico giardino del Canavese di descrizione gozzaniana: "Ie case fra l'agreste e il gentilizio, coronate di glicini leggiadre, Ie stanze aulenti di cotogna, i prati trapunti di fior d'aliso, di fior d'aglio, di margaritin gentil, i giardini dove ci sono Ie rose e i gerani, basilico e cedrina, i porri e l'insalata, i legumi produttivi".
'L ZERB

II territorio attuale di S. Giusto, come quello del Canavese e dell'Italia, ha pressapoco la forma di uno stivale, trattenuto in una morsa dai confini di S. Giorgio. Le due estremità sono a destra il torrente Malesina e Orco, a sinistra la costa che scende a Foglizzo, dall'altezza del Brik di Castelletto escluso. Per il resto confina con tratti di Foglizzo, Feletto e Bosconero. Ancor oggi il paese e detto "'l Zerb", anche se il cosiddetto gerbido sta quasi perdendosi a causa dell'assalto del cemento e dell'asfalto.
Agli albori della sua storia, prima di smembrarsi da S.Giorgio di cui fu frazione, era detto: "il Gerbo grande" di S. Giorgio, perchè non era altro che una vasta brughiera, una landa di erbe ericacee. II Bertolotti (1836-93) dice che tale vocabolo deriva da "gerbida" o "gerbora" (nella bassa latinita significa "erica") e dipinge a pennello il Gerbido come "una vasta grillaia" (I). Ricordiamo Quante volte da piccoli si giocava a mettere acqua nelle gallerie sotterranee scavate dai grilli canterini che si trovavano appunto nelle terre esposte al sole. II Gerbo era dunque una terra assai ghiaiosa con scarsa vegetazione che serviva bene a pascolo. Esso scendeva a declivio dalla collina di Montalenghe dirigendosi a mezzogiorno verso la selva Fullicia presso Foglizzo e verso la Gerulfia presso S. Benigno.
Come si spiega secondo la geologia la formazione di un terreno cosi duro? La stessa parola "gerb" risale al linguaggio celtico dei primi uomini apparsi nel Canavese e significa "terreno incolto". Ma non basta risalire all' età della pietra. I geologi ci rimandano all'inizio dell' era quaternaria dopo l'ultima glaciazione di Wurm, quando l'area del Gerbo fu invasa da una marea di acqua e detriti provenienti da una spaccatura tra Montalenghe e Villate suI fronte morenico del ghiacciaio della Dora Baltea. Il declivio lineare che da Montalenghe si prolunga a Montanaro, detto "Costa", sarebbe un corollario morenico ossia il lento deposito di materiali portati dal ghiacciaio del Monte Bianco. Esso da ai Sangiustesi la sensazione d'una Serra ridotta, che si affaccia a terrazze, una volta tutte coltivate a vite verso occidente.
La piana occidentale del paese riflette invece l'alluvione della conoide fluvio-glaciale dell'Orco, che, durante l'olocene, erose l'antico altipiano di Aglie, originando una tipica terrazza verso sud.
ACQUE FERTIRRIGANTI

Il terreno incolto di S. Giusto si e potuto trasformare in un giardino, grazie al razionale sfruttamento idrico, con la costruzione di una vasta e capillare rete di canali che ovunque recano i benefici di quell'elemento indispensabile alla vita. Prima del sec. XVIII S. Giusto era davvero una landa desolata di soli pascoli, senza piante, poich non era irrigato che da acqua piovana. C'erano pure dei fossatelli di acqua torrentizia o di numerose sorgenti specialmente lungo il sottocosta fino a Foglizzo, e varie cascine erano poste lungo il Malesina, mentre sulla costa si raccoglieva l'acqua in cisterne. V'erano si i torrenti Orco e Malesina che lambivano i confini occidentali scendendo dalle Alpi Graie e talvolta straripando dall'alveo, ma essi non erano ancora sfruttati a scopo irriguo. Nel 1560 il maresciallo francese Carlo Cosse de Brissac diede inizio al Canale di Caluso derivante dall'Orco a Spineto di Castellamonte per una lunghezza di 28 Km., più per allagare che per irrigare Ie campagne; esso fu ampliato permunificenza di Carlo Emanuele III nel 1764 e fatto passare per due sotterranei lunghi 741 metri a S. Giorgio. Pero solo nel 1786 si ebbe per concessione sovrana il bocchetto del Perassone per S. Giusto. Appartenente ora al demanio, larga m. 5 e profonda m. 2, la "bealera" reca l'acqua "d'oro" dell'Orco alle nostre campagne.

Queste le acque che bagnano S. Giusto scorrendo in mille fossatelli specialmente lungo i viali del paese, dove spesso Ie donne si recavano o in parte si recano ancora a lavare i panni.